Le Porte del TempoNatura Mortalabirinto sonoro

Le Porte del Tempo

Esposizione collettiva

Natura Morta

Esposizione collettiva

labirinto sonoro

In persistenza possiamo ritrovare lo spunto per molti interrogativi: l’introspezione del soggetto ritratto, la disposizione anomala degli oggetti, il buio predominante della notte trafitto dalle alte luci che rivelano oggetti di più realtà sovrapposte, stratificate.

 

È questa la rappresentazione di un sogno?

 

Gli oggetti assumono consistenza eterea, evanescente, quasi fantasmi.

Il libro, evidentemente sempre lo stesso, compenetra e viene compenetrato dai vari oggetti: è questa una realtà credibile o è l’indizio che di tutti gli oggetti rappresentati l’unica realtà concreta è il dipinto?

Ciò che viene rappresentato dalla fotografia è forse meno consistente, persistente e reale di ciò che viene rappresentato nel quadro?

 

Il soggetto è in raccoglimento, intento in una ricerca interiore e gli indizi che otteniamo forse sono proprio in queste immagini lattescenti, ectoplasmatiche, scampoli di vari istanti di realtà, di cui il libro è a sua volta parte primaria: nelle sue pagine troviamo codificata una realtà doppiamente virtuale di un tempo narrato che il soggetto sta forse rivivendo nella sua immaginazione, immaginazione che risulta proiettata nella realtà del sogno, forse incubo, rappresentata nella foto.

 

Infatti il libro è oggetto virtuale: il suo testo, che si realizza nella lettura, è a sua volta virtuale perché rivissuto nella persistenza della memoria, esattamente come nel famoso quadro di Salvator Dalì.

 

In questo turbinio di immagini ed idee manca ancora una componente: il tempo.

Il tempo è il grande assente, viene alluso, ma non è presente, forse esiste un prima, la realtà del quadro, ma è mai esistita? Forse esiste un dopo, la rappresentazione fotografica, ma non ne siamo affatto sicuri.

L’unica cosa che emerge è l’atto di introspezione, la ricerca della sintesi, la ricerca della persistenza dell’io nel soggetto pensante al di là del tempo.

Perché del tempo qui davvero non v’è traccia.